mercoledì 25 marzo 2020

Dantedì: l'infinito matematico nella Commedia

Buongiorno a tutti!
Oggi sono particolarmente felice perché ho avuto modo di riprendere, per questo post, un mio grande amore del liceo (talmente grande che ci ho scritto pure la tesina sopra): Dante.


Il Mibact ha istituito quest'anno il Dantedì, infatti il 5 marzo del 1300 iniziava il viaggio ultraterreno di Dante, viaggio narrato nella sua opera più famosa: la "divina" Commedia.
Io per questo primo Dantedì ho deciso di parlarvi di Dante e matematica, oggetto della mia tesina, nonché titolo di un libro di Bruno D'Amore di cui vi ho riportato un estratto su Instagram.

Uno dei concetti più affascinati per l'uomo di tutti i tempi è sicuramente il concetto di infinito. Il Cristianesimo afferma che solo Dio è in grado di concepire l'infinito e questo dettame era particolarmente forte all'epoca di Dante. Ma come parlare di infinito in modo da renderlo comprensibile all'uomo?
In Par XXVIII, 91-93 Dante scrive:


«L’incendio suo seguiva ogni scintilla;
ed eran tante, che ‘l numero loro
più che ‘l doppiar de li scacchi s’inmilla»

Dante qui ricorre all'antica leggenda orientale di Sissa Nassir. Il sovrano di Persia chiese a Sissa Nassir di inventare un gioco imperituro e lui inventò gli scacchi. Il re gli concesse allora di chiedere come ricompensa qualunque cosa volesse ed egli chiese qualche cosa di apparentemente assai modesto: presa la scacchiera da 64 caselle e chiese un chicco di riso sulla prima casella; il doppio, cioè 2, sulla seconda; il doppio ancora, cioè 4, sulla terza; il doppio ancora, cioè 8, sulla quarta; e così via fino alla sessantaquattresima casella.
Grazie alla teoria delle successioni, questi calcoli sono facilmente risolvibili: la successione numerica formata dal numero di chicchi per ciascuna casella è, infatti, una progressione geometrica.
Si chiama progressione geometrica una successione A1, A2, A3, … An in cui a partire dal termine iniziale A1 diverso da 0 ogni altro termine si ottiene moltiplicando il precedente sempre per uno stesso numero diverso da 0, detto ragione (q). Quindi il quoziente tra ogni termine e il suo precedente è costante; tale quoziente è la ragione e nel caso di Sissa Nassir è 2.
L’ennesimo termine (An) di una progressione geometrica di valore iniziale A1 e ragione q è uguale al prodotto del primo termine A1 per la potenza della ragione (q) con esponente n-1.
Il numero di chicchi di grano richiesti da Sissa Nassir è 18.446.744.073.709.551.615 per questo il sovrano lo fece decapitare.

La gloria di Dio però doveva essere maggiore di quella di Sissa Nassir e per questo invece di raddoppiare in ogni casella deve moltiplicare per 1000; pertanto la ragione della progressione geometrica questa volta è 1000. Di conseguenza avremo 1 sulla prima casella, 1000 sulla seconda, 1000000 sulla terza e così via.
Dante vuole descrivere la straordinaria visione della quantità infinita di angeli, che garantiscono la grandezza di Dio. Tuttavia, sceglie di non appellarsi al filosofico concetto di infinito perché non è concepibile come ente reale dalla mente umana: infatti secondo Aristotele, studiato da Dante attraverso la mediazione di Boezio, l’uomo può conoscere solo l’infinito potenziale, concetto puramente virtuale, infatti ha l’idea di poter procedere sempre oltre senza mai raggiungere un limite (per capirlo provate a immaginare di iniziare a contare, vi fermate quando morite, ma lasciate come compito ai vostri figli di andare avanti a contare, i figli alla loro morte lasceranno il compito ai loro discendenti e così via... si capisce con questo esempio che non ci sarà mai una fine); al contrario non può concepire l’infinito in atto. Pertanto, Dante scrive di un numero immensamente grande di angeli, ma non infiniti, affinché l’uomo possa comprenderli anche se non potrà contarli.



Georg Cantor risolve il problema dell’infinito in atto, cioè un insieme di infiniti. Egli non parte dall'assioma, su cui si fondano le teorie di Aristotele, secondo il quale il tutto è maggiore della parte perché non avrebbe permesso di indagare gli infiniti. Al contrario pone come base la corrispondenza biunivoca tra due insiemi: infatti, dati gli insiemi A e B, si associa a ogni elemento di A uno e un solo elemento di B e a ogni elemento di B uno e un solo elemento di A.

Cantor sostiene che se tra due insiemi si può stabilire una corrispondenza biunivoca, essi contengono lo stesso numero di elementi, cioè sono equipotenti. Stravolgendo l’assioma del tutto che è maggiore della parte, afferma che un insieme è infinito quando è equipotente con una sua parte propria.

Un esempio è l’insieme dei numeri naturali N, che ha cardinalità infinita, ma si può dividere in due sottoinsiemi propri: i numeri pari e quelli dispari, entrambi infiniti. Ogni numero appartenente al sottoinsieme dispari può essere messo in corrispondenza con un numero pari facendo il suo doppio, mentre ogni numero appartenente al sottoinsieme pari può essere messo in corrispondenza con un numero dispari trovando la sua metà. Pertanto l’insieme N non è più grande di una delle sue parti, perché entrambi sono lo stesso tipo di infinito ed è un infinito numerabile.
Partendo da N si possono costruire infiniti di ordine superiore.



Spero di avervi interessato e trasmesso un pochino della mia passione per Dante e di non avervi annoiato troppo se non amate la matematica :)


Postilla per i non amanti della matematica: leggete il libro Dante e la matematica di Bruno D'Amore, è molto chiaro perché è costruito sotto forma di racconto... cambierete idea sulla matematica, può essere davvero affascinante  ;)

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