Autore: Marco Balzano
Casa editrice: Sellerio
Anno di pubblicazione: 2015
Lingua originale: italiano
Riconoscimenti: premio Campiello 2015, premio Volponi 2015
Data di lettura: 28 marzo 2017
Trama: Anni Cinquanta: Ninetto, nove anni, siciliano, è costretto a migrare al Nord. Arriva a Milano e inizia una nuova vita, difficile, che lo costringe a crescere in fretta, ma che gli offre anche opportunità. Un romanzo che racconta la storia di un fenomeno molto frequente, la migrazione infantile, vista dagli occhi di un bambino che cresce.
Recensione: Questo libro per me è strano: non mi invogliava alla lettura (se non forse verso gli ultimi capitoli), non era uno di quei libri che non vedi l'ora di finire e che leggi quasi divorandolo. Eppure ha suscitato in me grandi emozioni, quindi mi chiedo: è possibile questo?
Dopo questa piccola premessa, entriamo nei dettagli.
La trama è abbastanza tipica, il racconto di una migrazione, perchè negli anni Cinquanta-Sessanta era un fenomeno diffuso, anche se ogni storia è diversa. Una cosa che mi ha colpito è che spesso nelle storie di emigrazione i bambini vanno a scuola, poichè emigrano con la famiglia, mentre Ninetto non ha questa opportunità.
Ciò che rende particolare il racconto è la narrazione dal punto di vista del protagonista.
All'inizio del racconto Ninetto è un bambino di nove anni, che ama le poesie e il maestro Vincenzo che gliele spiega e che pensa che non vorrà mai lasciare la sua amata San Cono. Tuttavia è costretto dalla povertà e dalla malattia della madre a migrare a Milano insieme a un compaesano. Qui inizialmente trova lavoro come fattorino di una lavanderia. Ninetto bambino è un personaggio che non si può non amare per quella sua passione per le poesie, uno slancio verso l'alto, così in contrasto con la bassezza della vita alla quale è costretto. Tuttavia, come tutti i bambini, è ottimista ed è bello vedere con i suoi occhi la vita iniziale a Milano.
Ad un certo punto della narrazione, ex abrupto, vediamo Ninetto adulto in prigione (concedetemi questo piccolo spoiler) e la storia della sua vita continua grazie ai flashback.
Ninetto adulto mi ha messo addosso tanta amarezza e tristezza, tant'è che ho sperato fino all'ultimo in una possibilità di riscatto.
Recensione: Questo libro per me è strano: non mi invogliava alla lettura (se non forse verso gli ultimi capitoli), non era uno di quei libri che non vedi l'ora di finire e che leggi quasi divorandolo. Eppure ha suscitato in me grandi emozioni, quindi mi chiedo: è possibile questo?
Dopo questa piccola premessa, entriamo nei dettagli.
La trama è abbastanza tipica, il racconto di una migrazione, perchè negli anni Cinquanta-Sessanta era un fenomeno diffuso, anche se ogni storia è diversa. Una cosa che mi ha colpito è che spesso nelle storie di emigrazione i bambini vanno a scuola, poichè emigrano con la famiglia, mentre Ninetto non ha questa opportunità.
Ciò che rende particolare il racconto è la narrazione dal punto di vista del protagonista.
All'inizio del racconto Ninetto è un bambino di nove anni, che ama le poesie e il maestro Vincenzo che gliele spiega e che pensa che non vorrà mai lasciare la sua amata San Cono. Tuttavia è costretto dalla povertà e dalla malattia della madre a migrare a Milano insieme a un compaesano. Qui inizialmente trova lavoro come fattorino di una lavanderia. Ninetto bambino è un personaggio che non si può non amare per quella sua passione per le poesie, uno slancio verso l'alto, così in contrasto con la bassezza della vita alla quale è costretto. Tuttavia, come tutti i bambini, è ottimista ed è bello vedere con i suoi occhi la vita iniziale a Milano.
Ad un certo punto della narrazione, ex abrupto, vediamo Ninetto adulto in prigione (concedetemi questo piccolo spoiler) e la storia della sua vita continua grazie ai flashback.
Ninetto adulto mi ha messo addosso tanta amarezza e tristezza, tant'è che ho sperato fino all'ultimo in una possibilità di riscatto.
È possessivo nei confronti della famiglia che si è creato, proprio perché da bambino non ha mai avuto i genitori presenti. Questo suo carattere lo porta in carcere (scusate il piccolo spoiler, anche se si scopre quasi subito che è in carcere grazie ai flashback). Quando esce dal carcere fa nuovamente fatica ad integrarsi, forse più di usando era piccolo ed era appena arrivato dalla Sicilia. Infatti il mondo è cambiato in fretta e anche Milano, Ninetto si trova privo di punti di riferimento in una Milano piena di grattacieli e senza fabbriche, dove è importante saper usare il computer e parlare inglese.
Le uniche figure positive di questa storia sono Vincenzo, suo maestro in Sicilia e la psicologa del carcere. Vincenzo lo incoraggiata nel suo amore per la poesia, unica cosa che ha permesso a Ninetto di elevarsi un poco dalla miseria della sua vita. Ed è proprio il maestro Vincenzo, unica luce della sua vita, che Ninetto crede di vedere dalle sbarre del carcere. Anche per questo il protagonista di questa storia mi fa un po' pena: lui ha cercato di volare alto, di migliorare la sua vita e alla fine del libro non si sa se ci sia davvero riuscito.
Interessante è invece il suo rapporto con la psicologa: inizialmente Ninetto non vuole parlare, ma osserva la psicologa e intuisce qualcosa della sua vita che gli suscita compassione mista a simpatia. La situazione si sblocca quando la psicologa seccata urla contro Ninetto, il quale riconosce che anche lei ha problemi nella sua vita, lui non è l'unico e inizia a parlare. Anche quando le sedute saranno finite, lui, incontrandola, ricomincerà a parlare con lei.
Mi è piaciuta molto la descrizione dei luoghi, anche perché vivo nei luoghi in cui è ambientato il libro e posso confrontare la storia di Ninetto con le storie di altri immigrati. Baranzate è il luogo in cui va ad abitare Ninetto quando arriva a Milano da San Cono e infatti Baranzate è una città che ha sempre accolto gli immigrati, in passato così come oggi (la nuova immigrazione verrà messa in luce anche nel libro). Quando sono andata a farmi autografate il libro, lo scrittore mi ha rivelato che in realtà voleva intitolare il libro col nome della via dove andavano ad abitare tutti gli immigrati, ma con quel titolo il libro sarebbe stato poco vendibile.
Anche la descrizione della Milano degli anni Cinquanta mi è piaciuta perché è stato come vedere le foto della Milano del passato (di cui sono appassionata) prendere vita, ma ho amato anche le descrizioni della Milano contemporanea con i suoi grattacieli di piazza Gae Aulenti, che sconvolgono Ninetto.
Infine questo libro getta un'occhiata sulla nuova migrazione: Ninetto, girovagando in una Milano che non riconosce più, torna a Baranzate, dove ha modo di notare che la sua via è zeppa dei nuovi migranti provenienti dall'Africa e dal Sud America. Raggiunge un bar, che ora è gestito da cinesi che fanno un pessimo caffè.
Queste pennellate mi hanno fatto apprezzare maggiormente il libro perché lo rendono esplicitamente collegato al presente.
Voto: ☆☆☆