martedì 31 marzo 2020

Recensione: "Lo Hobbit" di Tolkien

Lo Hobbit

Là dove il mondo di Tolkien ebbe inizio


Bilbo è un Hobbit di 50 anni, vive nella sua comoda caverna della Contea, quando un giorno riceve la visita dello stregone Gandalf. Da quel momento la sua vita cambierà per sempre e partirà in fretta e furia, in veste di Scassinatore, insieme ai Nani per la riconquista di un tesoro, un tempo appartenuto ai Nani, custodito dal drago Smog. Un'avventura che, nonostante i pericoli anche mortali, si rivelerà arricchente e cambierà profondamente il carattere di Bilbo, risvegliando il suo lato Tuc.
Coraggio, astuzia e intraprendenza sono attributi che Bilbo pian piano inizia a manifestare, tuttavia ciò che più mi è piaciuto di questo personaggio è che rimane sempre uno Hobbit, amante della pace e incline alla pietà e al perdono.

Un elemento interessante è che nello Hobbit troviamo un esempio di serendipità (vi rimando all'articolo di Artspecialday ove ho trovato questa analisi della serendipità) .
Secondo la Treccani online serendipità è la capacità o fortuna di fare per caso inattese e felici scoperte (specialmente in campo scientifico), mentre si sta cercando altro. Serendipità però è molto più di un colpo di fortuna perché richiede una certa predisposizione d'animo personale, come la storia di Bilbo dimostra. Per un fortuito caso egli trova l'Anello (anche se Tolkien in ISDA dirà che l'Anello stava cambiando padrone per cercare di ricongiungersi a colui che lo aveva forgiato), ma grazie alla sua perspicacia riesce a utilizzarlo in maniera astuta per salvare se stesso e gli altri. Nell'articolo si dice che probabilmente Tolkien non aveva in mente la serendipità, infatti in tutta la sua opera non si trova questo vocabolo o sinonimi, tuttavia è un ottimo esempio di questa abilità da cui tutti noi possiamo imparare.

Per converso i Nani, e in particolare il loro capo, Thorin Scudodiquercia, non mi sono mai stati simpatici: inizialmente non credono che Gandalf abbia fatto la scelta giusta proponendo loro Bilbo come compagno di viaggio, poi si ricredono, ma tendenzialmente continuano ad essere orgogliosi e monolitici.
Lo stregone Gandalf il Grigio è invece il classico personaggio che nei fantasy interviene per aiutare l'eroe. Nei primi incontri coi nemici, come Cavalieri Neri o Troll, è sempre lui che risolve la situazione, anche se dopo esce di scena per lasciare emergere il protagonista, Bilbo, e le sue abilità. Ho sempre ritenuto Gandalf un personaggio potente e indistruttibile, pertanto un aspetto che ho apprezzato è che in alcune situazioni anche lui teme di non farcela, anche se poi anche con un pizzico di fortuna riesce a trovare una soluzione.

Il libro si configura dunque con tutti gli elementi tipici del fantasy e della fiaba: protagonista, avventura, prove da superare, oggetto magico, antagonista e aiutante. Tuttavia verso la fine a mio avviso si discosta dal tradizionale canovaccio in un modo che mi ha sorpreso, ma che ho apprezzato molto.
Un'altra cosa che mi è piaciuta è che nella battaglia finale si ritrovano quasi tutti i personaggi incontrati lungo la storia.

Lo stile è diverso da quello del Signore degli Anelli, si capisce che questa storia era stata pensata per i bambini, infatti ci sono descrizioni meno articolate, solo quel che basta per caratterizzare luoghi e personaggi, e il narratore chiama spesso in causa il lettore/ascoltatore con frasi tipo: "Ti ricordi?". Mi fa pensare anche a un libro rivolto ai bambini il fatto che a volte il narratore dica frasi come "Questo accadrà molto più avanti" perché sono espedienti per mantenere la curiosità. Comunque proprio questa diversità di stile mi ha fatto apprezzare Lo Hobbit più di ISDA alla mia prima lettura.

Complessivamente sono felice di avere avuto con #ungdlperscorirli l'opportunità di leggere in primis Lo Hobbit perché ci sono alcuni personaggi o concetti che qui vengono spiegati bene, apparendo per la prima volta, come i Cavalieri Neri o Gollum. Grazie a Lo Hobbit rileggendo adesso Il Signore degli Anelli lo sto apprezzando molto di più e sto notando un sacco di dettagli che prima mi erano sfuggiti, soprattutto per ciò che ha a che fare con l'Anello e il suo funzionamento.

Voto: ☆☆☆☆☆|5

Scheda libro:

Titolo: Lo Hobbit
Autore: J.R.R. Tolkien
Anno di pubblicazione: 1937
Lingua originale: inglese
Pagine: 342
Genere: fantasy

venerdì 27 marzo 2020

Impressioni teatrali #1 - Il ragazzo dell'ultimo banco

Buongiorno a tutti!
Oggi è la Giornata internazionale del teatro e io colgo l'occasione per inaugurare una nuova sezione del mio blog, quella teatrale.
Già lo scorso anno dopo aver visto Il ragazzo dell'ultimo banco al Piccolo Teatro di Milano avevo chiesto su Instagram se foste interessati a una mia opinione sugli spettacoli che vado a vedere e la risposta era stata 100% affermativa... ma io poi non ho fatto nulla.
Approfitto dunque di questa giornata per parlarvi proprio de Il ragazzo dell'ultimo banco, ma vi avviso, non sarà una recensione, tuttalpiù una mia "impressione", un'opinione.

Crediti foto: Masiar Pasquali www.piccoloteatro.org


Il ragazzo dell’ultimo banco
di Juan Mayorga
traduzione Antonella Caron
regia Jacopo Gassmann
scene Guido Buganza, costumi Giada Masi
luci Gianni Staropoli, movimenti Alessio Maria Romano
sound designer Lorenzo Danesin, video a cura di Stefano Teodori
con (in ordine alfabetico) Pierluigi Corallo, Alfonso De Vreese, Fabrizio Falco, Pia Lanciotti, Danilo Nigrelli, Mariángeles Torres
produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa



German, professore di letteratura, si trova nella sua casa e sta leggendo i temi dei suoi alunni su cosa avessero fatto nel fine settimana. E' arrabbiato e insoddisfatto perché i suoi alunni non sanno scrivere. Ad un certo punto un tema attrae la sua attenzione: Claudio, un ragazzo agli occhi del professore insignificante, che siede sempre all'ultimo banco, racconta che per la prima volta è riuscito ad entrare nella casa del suo amico Rafa, con la scusa di dargli ripetizioni di matematica.
Rafa, al contrario di Claudio, è ricco e la sua casa è sempre stata un oggetto misterioso e inaccessibile, che Claudio da tempo seduto su una panchina vicino alla casa sognava e desiderava conoscere.
Il tema di Claudio si conclude con un "Continua." lasciando intendere che ci sarà un seguito. Nei giorni successivi Claudio consegna al professore il seguito del tema: mentre Rafa cerca di svolgere gli esercizi assegnati, Claudio esplora la casa e conosce la madre, donna annoiata che passa il suo tempo a leggere riviste sulla casa pensando alle modifiche che potrebbe apportare, e il padre, appassionato di sport. Col passare del tempo Claudio conosce meglio la famiglia e cerca di farsi apprezzare, celando la sua origine e tentando di imitare il loro stile di vita.

Frattanto German decide di insegnare al ragazzo a scrivere, riversando in lui tutte le sue ambizioni giovanili, ma anche la sua passione per la letteratura. Col proseguire dei temi il rapporto tra il professore e il ragazzo dell'ultimo banco diventa più intimo, quasi padre-figlio, ma anche più sfacciato. In diversi punti German criticherà apertamente il modo in cui Claudio scrive, accusandolo di ricorrere a mezzucci per attirare la simpatia del lettore, e allora ecco che gli attori recitano nuovamente la versione "vera" e non caricaturale della storia.

Diverse e interessanti sono le tematiche trattate, in primis l'ossessione di entrare nella vita degli altri, e soprattutto, di vivere la vita degli altri, che è una tematica che mi ha stupito, e la differenza tra classi sociali. Questi due elementi, oggi, mi richiamano alla mente il film Parasite, ma ovviamente quando vidi lo spettacolo non potevo fare questo collegamento, in quanto il film non era ancora uscito.
Tuttavia la tematica che più mi ha affascinato è il confine labile tra realtà e immaginazione, tema che per le modalità con cui viene affrontato mi  ricorda Le notti bianche di Dostoevskij. Ognuno infatti racconta la storia come vuole e Claudio, che tanto ha sognato (ma anche disprezzato) quella vita, non può essere immune da questo e già il professore lo aveva fatto notare.
Anche German però è un po' un sognatore, infatti vive troppo nel racconto del suo allievo e presta poca attenzione alla sua vita familiare.

L'intrusione nella famiglia di Rafa però è destinata a finire, Claudio è respinto. Il ragazzo dell'ultimo banco tenta allora il "folle volo", cercando di entrare nella vita del professore, andando a conoscere sua moglie. Ma cosa succede a chi osa superare le Colonne d'Ercole? German legge la realtà che si è consumata tra le mura di casa sua, il tema è finito, lui è furibondo e vuole incontrare il ragazzo.
Lo spettacolo si chiude quando la tensione è al massimo con le parole del ragazzo "Questo è il finale", ma in fondo, ne siamo davvero sicuri?
Anche lo spettatore è vittima del racconto.


Spero che questo post vi sia piaciuto, fatemelo sapere nei commenti :)

mercoledì 25 marzo 2020

Dantedì: l'infinito matematico nella Commedia

Buongiorno a tutti!
Oggi sono particolarmente felice perché ho avuto modo di riprendere, per questo post, un mio grande amore del liceo (talmente grande che ci ho scritto pure la tesina sopra): Dante.


Il Mibact ha istituito quest'anno il Dantedì, infatti il 5 marzo del 1300 iniziava il viaggio ultraterreno di Dante, viaggio narrato nella sua opera più famosa: la "divina" Commedia.
Io per questo primo Dantedì ho deciso di parlarvi di Dante e matematica, oggetto della mia tesina, nonché titolo di un libro di Bruno D'Amore di cui vi ho riportato un estratto su Instagram.

Uno dei concetti più affascinati per l'uomo di tutti i tempi è sicuramente il concetto di infinito. Il Cristianesimo afferma che solo Dio è in grado di concepire l'infinito e questo dettame era particolarmente forte all'epoca di Dante. Ma come parlare di infinito in modo da renderlo comprensibile all'uomo?
In Par XXVIII, 91-93 Dante scrive:


«L’incendio suo seguiva ogni scintilla;
ed eran tante, che ‘l numero loro
più che ‘l doppiar de li scacchi s’inmilla»

Dante qui ricorre all'antica leggenda orientale di Sissa Nassir. Il sovrano di Persia chiese a Sissa Nassir di inventare un gioco imperituro e lui inventò gli scacchi. Il re gli concesse allora di chiedere come ricompensa qualunque cosa volesse ed egli chiese qualche cosa di apparentemente assai modesto: presa la scacchiera da 64 caselle e chiese un chicco di riso sulla prima casella; il doppio, cioè 2, sulla seconda; il doppio ancora, cioè 4, sulla terza; il doppio ancora, cioè 8, sulla quarta; e così via fino alla sessantaquattresima casella.
Grazie alla teoria delle successioni, questi calcoli sono facilmente risolvibili: la successione numerica formata dal numero di chicchi per ciascuna casella è, infatti, una progressione geometrica.
Si chiama progressione geometrica una successione A1, A2, A3, … An in cui a partire dal termine iniziale A1 diverso da 0 ogni altro termine si ottiene moltiplicando il precedente sempre per uno stesso numero diverso da 0, detto ragione (q). Quindi il quoziente tra ogni termine e il suo precedente è costante; tale quoziente è la ragione e nel caso di Sissa Nassir è 2.
L’ennesimo termine (An) di una progressione geometrica di valore iniziale A1 e ragione q è uguale al prodotto del primo termine A1 per la potenza della ragione (q) con esponente n-1.
Il numero di chicchi di grano richiesti da Sissa Nassir è 18.446.744.073.709.551.615 per questo il sovrano lo fece decapitare.

La gloria di Dio però doveva essere maggiore di quella di Sissa Nassir e per questo invece di raddoppiare in ogni casella deve moltiplicare per 1000; pertanto la ragione della progressione geometrica questa volta è 1000. Di conseguenza avremo 1 sulla prima casella, 1000 sulla seconda, 1000000 sulla terza e così via.
Dante vuole descrivere la straordinaria visione della quantità infinita di angeli, che garantiscono la grandezza di Dio. Tuttavia, sceglie di non appellarsi al filosofico concetto di infinito perché non è concepibile come ente reale dalla mente umana: infatti secondo Aristotele, studiato da Dante attraverso la mediazione di Boezio, l’uomo può conoscere solo l’infinito potenziale, concetto puramente virtuale, infatti ha l’idea di poter procedere sempre oltre senza mai raggiungere un limite (per capirlo provate a immaginare di iniziare a contare, vi fermate quando morite, ma lasciate come compito ai vostri figli di andare avanti a contare, i figli alla loro morte lasceranno il compito ai loro discendenti e così via... si capisce con questo esempio che non ci sarà mai una fine); al contrario non può concepire l’infinito in atto. Pertanto, Dante scrive di un numero immensamente grande di angeli, ma non infiniti, affinché l’uomo possa comprenderli anche se non potrà contarli.



Georg Cantor risolve il problema dell’infinito in atto, cioè un insieme di infiniti. Egli non parte dall'assioma, su cui si fondano le teorie di Aristotele, secondo il quale il tutto è maggiore della parte perché non avrebbe permesso di indagare gli infiniti. Al contrario pone come base la corrispondenza biunivoca tra due insiemi: infatti, dati gli insiemi A e B, si associa a ogni elemento di A uno e un solo elemento di B e a ogni elemento di B uno e un solo elemento di A.

Cantor sostiene che se tra due insiemi si può stabilire una corrispondenza biunivoca, essi contengono lo stesso numero di elementi, cioè sono equipotenti. Stravolgendo l’assioma del tutto che è maggiore della parte, afferma che un insieme è infinito quando è equipotente con una sua parte propria.

Un esempio è l’insieme dei numeri naturali N, che ha cardinalità infinita, ma si può dividere in due sottoinsiemi propri: i numeri pari e quelli dispari, entrambi infiniti. Ogni numero appartenente al sottoinsieme dispari può essere messo in corrispondenza con un numero pari facendo il suo doppio, mentre ogni numero appartenente al sottoinsieme pari può essere messo in corrispondenza con un numero dispari trovando la sua metà. Pertanto l’insieme N non è più grande di una delle sue parti, perché entrambi sono lo stesso tipo di infinito ed è un infinito numerabile.
Partendo da N si possono costruire infiniti di ordine superiore.



Spero di avervi interessato e trasmesso un pochino della mia passione per Dante e di non avervi annoiato troppo se non amate la matematica :)


Postilla per i non amanti della matematica: leggete il libro Dante e la matematica di Bruno D'Amore, è molto chiaro perché è costruito sotto forma di racconto... cambierete idea sulla matematica, può essere davvero affascinante  ;)

mercoledì 18 marzo 2020

WWW Wednesday #2

Buongiorno a tutti!
Eccomi con una nuova puntata del WWW Wednesday.

Cosa ho appena finito di leggere?



Per la prima tappa di #viaggiatoritralerighe sono andata in Cina con Il Vicolo della Polvere Rossa di Xiaolong. Grazie alle storie degli abitanti di questo quartiere di Shangai ho scoperto molte cose sulla storia cinese e sui suoi usi e costumi. Una lettura piacevole e interessante.

Cosa sto leggendo?



Oggi ho iniziato a leggere Notturno indiano di Antonio Tabucchi per la seconda tappa di #viaggiatoritralerighe. Avrei potuto finirlo tutto d'un fiato, anche perché è un libro corto, però ho voluto lasciarmi le ultime 20 pagine circa per stasera: infatti un libro in cui tutto avviene di notte, mi sembrava strano leggerlo in balcone sotto il sole XD
Sto anche leggendo La Compagnia dell'Anello, primo libro della famosa trilogia di Tolkien. In realtà si tratta di una rilettura, infatti i primi due libri di questa trilogia li o già letti, ma sto partecipando a un gruppo di lettura chiamato Un gdl per scoprirli e mi sembra anche opportuno rileggere tutto prima di buttarmi sul terzo libro.

Cosa leggerò?



Un mese fa ho preso in biblioteca Il castello bianco di Pamuk. Un'amica turca infatti per Natale mi aveva regalato dei dolcetti turchi e mi è venuta voglia di scoprire meglio il suo paese, quindi ho cercato su Internet autori turchi famosi e ho trovato Pamuk, che ha vinto anche il Nobel per la letteratura nel 2006, oltre ad altri famosi premi internazionali. Sicuramente Il castello bianco sarà la mia prossima lettura.


Come vedete in questi giorni di quarantena sto viaggiando molto: Cina, India, a breve Turchia, ma anche la terra di Arda.
Dove vi hanno portato le vostre letture questa settimana? Ditemelo nei commenti :)

giovedì 5 marzo 2020

Recensione: "Un tenebroso affare" di Balzac


Il primo noir della letteratura


Finalmente è arrivata la recensione del primo libro che ho letto nel 2020:             Un tenebroso affare di Honorè de Balzac.


Il romanzo trae spunto da un fatto di cronaca realmente accaduto nella Francia degli anni '30 dell'Ottocento, tra la rivoluzione e la restaurazione monarchia, con Napoleone in ascesa (Napoleone che farà anche la sua comparsa verso la fine del libro).

Il primo personaggio che entra in scena è Michu, un fattore della campagna francese che gestisce la proprietà di Godrenville. Nella sua descrizione, che ricorda la tecnica del Lombroso, sembra un personaggio abietto e negativo, il lettore si aspetta che faccia una brutta fine e sei quasi contento di questo, ma poi arriverà a simpatizzare per lui. Qui si intravede la ricerca antropologica che Balzac stava conducendo in quel periodo e che lo porterà alla sua opera principale, La Commedia Umana.
Tuttavia il personaggio che traina fino alla fine la vicenda è mademoiselle Laurence de Cinq-cygn, simbolo di una aristocrazia indomita che odia Napoleone e trama per il ritorno dei Borboni. Una donna forte, come le sue nobili antenate, coraggiosa, orgogliosa e astuta, ma che nel corso della vicenda imparerà anche a riconoscere il limite.

Balzac descrive gli intrighi di potere tipici di quel periodo di transizione in cui tutti fingono di collaborare l'uno con l'altro, ma in realtà cercano sempre un modo per tenere in scacco l'altro e uscire indenni dalle situazioni. Queste trame rendono tenebroso e oscuro l'affare in cui vengono implicati Michu, mademoiselle Laurence de Cinq-cygn e i suoi cugini, un caso che Balzac descrive in maniera da far perdere il lettore e a far crescere in lui il desiderio di scoprire come siano andate veramente le cose.

La prima parte del romanzo è abbastanza lenta e molto descrittiva, probabilmente anche perché il romanzo veniva raccontato a puntate, ma i capitoli si interrompono sempre in modo da creare suspense. La seconda parte invece coinvolge molto di più il lettore che rimane invischiato nelle macchinazioni dei personaggi politici, il ritmo è serrato, ma non si corre verso il finale, infatti Balzac ci regala un excursus sulla legge e sui tribunali francesi in quel periodo. Il fatto che l'esito del processo non risolva la situazione mi è molto piaciuto, ma qui arriva quella che io ritengo essere la parte più debole: il finale.
Il finale non mi ha convinto, il libro poteva finire un capitolo prima e lasciare tutto irrisolto, un vero "tenebroso affare". Non mi ha convinto perché l'agnizione avviene in maniera decisamente scollegata dal resto dei fatti, a distanza di tempo. Da un lato è un bell'espediente che sicuramente funziona, dall'altro ha avuto in me l'effetto di smorzare il pathos che l'autore aveva così abilmente creato e che era culminato nel processo e nel suo esito.

Complessivamente una lettura coinvolgente, anche se non molto scorrevole, la voglia di scoprire quale sia il "fattaccio" oggetto del titolo mi ha trainato verso la fine. Interessante perché è uno dei primi noir della letteratura, infatti troviamo i tipici elementi che caratterizzeranno il genere a partire dagli inizio del Novecento: i protagonisti sono i sospettati esecutori del caso attorno a cui ruota tutto il racconto, e hanno tutti delle qualità auto-distruttive, a partire da Michu, provocatorio e brusco in ogni sua azione, mademoiselle Laurence de Cinq-cygn, troppo ribelle e orgogliosa, e i suoi cugini, i De Simeuse, che tramando per il ritorno dei Borboni. Inoltre il sistema legale e politico è facilmente influenzabile, se non addirittura corrotto, e alla fine a trionfare non sarà la giustizia, ma i furbi e coloro che sapranno scendere a compromessi.

Ci sono anche alcuni elementi dei polizieschi come la dinamica dell'indagine della polizia francese per ricostruire la trama dell'avvenimento.

Voto: ☆☆☆☆/5


Scheda libro:


Titolo: Un tenebroso affare
Autore: Honorè De Balzac
Anno di pubblicazione: 1841
Lingua originale: francese









P.s. Occorre menzionare che la piacevolezza della lettura è stata data anche dalla vecchia edizione della Newton Compton con delle bellissime note utili e funzionali.