mercoledì 20 maggio 2020

WWW Wednesday #4

Ciao a tutti!
Era un po' di tempo che non mi facevo viva con questo simpatico appuntamento del mercoledì in cui vi mostro:
- What am I reading?
- What have I read?
- What will I read?

Cosa sto leggendo?

Ho iniziato proprio ieri Il ritorno del re, ultimo libro della trilogia di Tolkien. Non posso dirvi molto perché sono solo al primo capitolo.

Cosa ho appena finito di leggere?


In questa settimana ho finito di leggere sia Le due torri di Tolkien sia Stupore e tremori di Amelie Nothomb.
Le due Torri me lo aspettavo diverso, forse per via del primo libro, anche se comunque mi è piaciuto, mentre il libro della Nothomb, una delle mie scrittrici preferite, l'ho adorato e, siccome ormai ero abituata ai suoi libri più recenti, ho apprezzato molto ritrovare il suo vecchio stile graffiante e ironico.

Cosa leggerò?

Esami in arrivo, anche troppi perché mi hanno annullato interamente la sessione invernale perché volevano farci fare gli esami non online, salvo poi farceli fare comunque online a giugno (capacità predittiva di un pesce rosso -_-). Questo vorrà dire 0 tempo per le letture, per questo voglio provare a buttarmi su qualcosa di leggero e penso quindi che recupererò un classico della letteratura per ragazzi: Anna dai capelli rossi di Lucy Montgomery.


E voi? Quali letture avete in programma questo mese?



martedì 12 maggio 2020

Recensione: "Il castello bianco" di Orhan Pamuk

Una metafora sul rapporto tra Oriente e Occidente


Titolo: Il castello bianco
Autore: Orhan Pamuk
Anno di pubblicazione: 1985
Lingua originale: turco
Numero di pagine: 172
Voto: ☆☆☆☆





TramaNel Seicento un italiano viene catturato dai Turchi e venduto come schiavo ad un astronomo musulmano, sorprendentemente identico a lui. I due lavorano insieme a diversi progetti tecnico-scientifici per il Padiscià, guadagnandone entrambi la stima. Progettano anche un macchinario bellico per la guerra in Polonia, che però non funziona. A seguito di questo evento solo uno dei due uomini tornerà in Turchia.


Recensione: Ho letto "Il castello bianco" perché quest'anno, frequentando un corso di laurea magistrale in inglese, ho conosciuto una ragazza turca, di cui sono diventata amica. Mi ha molto incuriosito il suo paese e la sua cultura perché per certi versi assimilo molto i turchi ai greci (ma loro odiano questa cosa) e quindi agli europei, per altri versi, in primis per la religione musulmana e l'influenza culturale che ne consegue.
Per questa mia curiosità ho deciso di cercare un libro turco da leggere e ho scoperto Orhan Pamuk, lo scrittore turco più conosciuto al mondo, vincitore anche del Nobel per la Letteratura nel 2006.

Parlando adesso del libro, il romanzo inizia in medias res con la voce narrante, un italiano, che viene catturato dai Turchi mentre si trova su una nave a causa della vigliaccheria del proprio comandante. Viene quindi portato a Istanbul e imprigionato come schiavo ma, spacciandosi per medico, riesce a evitare i compiti peggiori. Un giorno viene invitato alla Corte del Padiscià, che è malato. Qui il protagonista si accorge della straordinaria somiglianza che lui, uomo italiano, ha con un astronomo turco che si fa chiamare Maestro.

Attorno questa somiglianza ruota tutto il libro, infatti l'italiano viene poi venduto all'astronomo e iniziano a lavorare a progetti scientifici insieme, di cui poi si prendeva il merito il turco. Ma al di là di questo, ciò che è estremamente interessante in questo romanzo è il rapporto tra i due uomini, metafora del rapporto tra Oriente e Occidente: il turco è attratto dalle conoscenze dell'italiano e cerca di farsi insegnare da lui tutto lo scibile, tuttavia è anche molto orgoglioso del suo sapere e della sua cultura.

L'elemento curioso è che, pur vivendo insieme, inizialmente il turco non si rende conto della somiglianza con il suo schiavo. Tuttavia quando se ne accorgerà, inizierà ad essere ossessionato da alcune domande esistenziali "cosa rende l'essere umano unico?", "Qual è l'elemento di superiorità degli italiani rispetto ai turchi?".
Su quest'ultima domanda il Maestro si accanisce, prima contro l'italiano e poi con un assurda e ossessa ricerca condotta tra gli uomini più miserabili di fede musulmana e cristiana, che alla fine è volta solo a confermare la sua teoria: i musulmani sono superiori ai cristiani. Sarà così?

Il tema del doppio e dell'identità così come il rapporto tra Oriente e Occidente sono i due perni attorno a cui ruota tutto il romanzo, ambientato in una Turchia descritta con sfumature che mi ricordano quelle di un quadro impressionista.

Per quanto riguarda le descrizioni, una in particolare mi ha colpito per la straordinaria affinità col nostro periodo. Anche a Istanbul nel Seicento scoppia un'epidemia di peste e il Maestro e il protagonista sono chiamati a fermarla. Tra le misure che suggeriscono al Sultano ci sono quelle di evitare gli assembramenti, motivo per cui vengono chiusi i mercati e evitare gli spostamenti. Infatti vengono posti i Giannizzeri a presidio degli ingressi delle città. Vi ricorda qualcosa?

In conclusione posso dire che è stata sicuramente una piacevole lettura, anche se la scrittura di Pamuk è elaborata e non rinuncia a metafore. Alla fine, quello che mi porto con me da questa lettura è la famosa frase del film Mediterraneo di Salvatores: "Italiani, Turchi: una faccia, una razza".

p.s. i dolcetti che vedete in foto vengono proprio dalla Turchia, sono un regalo della mia amica :)

domenica 10 maggio 2020

Il segreto delle parole - Madre


Buongiorno e buona festa della mamma!

In questa occasione ho deciso di riesumare la mia vecchia rubrica Il segreto delle parole in cui vi proponevo ogni lunedì l'etimologia di una parola.

Oggi non è lunedì, ma vi voglio parlare dell'etimologia della parola madre.

La parola deriva dall'accusativo latino matrem, che trova corrispondenza anche nel greco antico meter-tris.
Alcuni ritengono che venga dalla radice indoeuropea "mâ", col significato di "misurare", "ordinare" presente anche nel sanscrito matṛ, che significa "madre", ma anche "ordinatrice". Da questa radice deriverebbero anche le parole italiane metro, mano, mese e morale.

La radice indoeuropea dà come esito mother in inglese, mutter in tedesco, mère in francese e mai in spagnolo.

Altri pensano invece che non esista una vera e propria etimologia e che la parola derivi dalla ripetizione di una delle lettere che per i bambini piccoli è più facile da pronunciare, la "m". Questa spiegazione sarebbe supportata anche dal fatto che i bambini dicono "mamma" anziché "madre.
Ed è proprio questa l'interpretazione che Erri De Luca sceglie nella poesia Mamma Emilia.

In te sono stato albume, uovo, pesce,
le ere sconfinate della terra
ho attraversato nella tua placenta,
fuori di te sono contato a giorni.
In te sono passato da cellula a scheletro
un milione di volte mi sono ingrandito,
fuori di te l’accrescimento è stato immensamente meno.
Sono sgusciato dalla tua pienezza
senza lasciarti vuota perché il vuoto
l’ho portato con me.
Sono venuto nudo, mi hai coperto
così ho imparato nudità e pudore
il latte e la sua assenza.
Mi hai messo in bocca tutte le parole
a cucchiaini, tranne una: mamma.
Quella l’inventa il figlio sbattendo le due labbra
quella l’insegna il figlio.
Da te ho preso le voci del mio luogo,
le canzoni, le ingiurie, gli scongiuri,
da te ho ascoltato il primo libro
dietro la febbre della scarlattina.
Ti ho dato aiuto a vomitare, a friggere le pizze,
a scrivere una lettera, ad accendere un fuoco,
a finire le parole crociate, ti ho versato il vino
e ho macchiato la tavola,
non ti ho messo un nipote sulle gambe
non ti ho fatto bussare a una prigione
non ancora,
da te ho imparato il lutto e l’ora di finirlo,
a tuo padre somiglio, a tuo fratello,
non sono stato figlio.
Da te ho preso gli occhi chiari
Non il loro peso
A te ho nascosto tutto.
Ho promesso di bruciare il tuo corpo
di non darlo alla terra. Ti darò al fuoco
fratello vulcano che ci orientava il sonno.
Ti spargerò nell’aria dopo l’acquazzone
all’ora dell’arcobaleno
che ti faceva spalancare gli occhi.